09 maggio 2008

Ignoranza e Pregiudizi su Israele e Palestina.

In un post sul blog a Sangue Freddo, Gelo Polare ritorna a giustificare il boicottaggio di Israele alla Fiera del Libro di Torino, spiegandoci che Israele non è il paese più democratico del Medio Oriente e che la colpa di tutti i problemi mediorientali è proprio degli israeliani che ammazzano e reprimono la libertà dei poveri palestinesi.

Credo proprio che Gelo Polare non conosca bene la storia degli ultimi 100 anni della Palestina e neanche la situazione politica attuale del Medio Oriente.

Innanzitutto Israele non è “lo stato più democratico del Medio Oriente”, ma l’ UNICO STATO DEMOCRATICO del Medio Oriente (per la verità c’è pure la Turchia che però ha una sua storia peculiare perché non è uno stato arabo e perché è un alleato dell’Occidente sin dai tempi di Ataturk) ed è l'unico stato in cui le decisioni del governo vengono discusse e criticate ed in cui le azioni sbagliate dell'esercito vengono denunciate proprio dalla libera stampa e dall'opinione pubblica.

Gli stati che circondano Israele sono:
  • Siria: dittatura con legami molto stretti con i terroristi del partito di Dio, gli sciiti di Hezbollah, una delle tante sigle che ha come obbiettivo l’eliminazione fisica dello stato di Israele. I miliziani di Hezbollah fanno la guerra ad Israele dal Libano per conto dei siriani, i quali preferiscono una guerra asimmetrica ad uno scontro diretto con gli israeliani. I missili che cadono sul Nord di Israele, provengono dalla zona controllata da Hezbollah, che oggi è presidiata dal contingente ONU guidato dall’Italia.
  • Libano: il Libano è uno stato formalmente democratico in cui le tre principali etnie, cristiani maroniti, sciiti e sunniti, si dividono le poltrone secondo una costituzione che prevede una spartizione etnica e non politica del potere. In questo contesto l'influenza dei siriani ha comportato il predominio di fatto di una sola fazione, gli sciiti di Hezbollah, i quali hanno sempre detenuto il potere grazie alle armi di Damasco. Le notizie che ci pervengono da Tripoli sono inquietanti e si sta delineando un conflitto armato tra il governo in carica e la fazione sciita.
  • Egitto: dittatura paternalistica e personalistica di Mubarak, il quale dopo le cocenti sconfitte egiziane nelle guerre pan-arabe contro Israele (’49-’67-’73), ha deciso di firmare una pace bilaterale con lo stato ebraico.
  • Giordania: monarchia assoluta ereditaria. Re Husseyn ha ucciso parecchie migliaia di profughi palestinesi che si erano rifugiati in Giordania dopo la disfatta del ‘67. La persecuzione dei palestinesi fu esercitata perché i profughi stavano destabilizzando il potere e mettevano in pericolo la monarchia. Sostanzialmente in buoni rapporti con Israele e con l'Occidente.
  • Iraq: fino a 5 anni fa, l'Iraq era governato dalla dittatura sanguinaria di Saddam Hussein, il quale aveva come obbiettivo prioritario la distruzione di Israele. Chi non ricorda il lancio di missili Scud durante la prima “Desert Storm”? Oggi non sappiamo bene cosa sia l’Iraq, ma per definirlo uno stato francamente democratico serve una buona dose di ottimismo.
  • Iran: dittatura teocratica di stampo marcatamente fascista. Il leader del governo non smette un attimo di ricordare che il suo fine ultimo è la distruzione di Israele.
  • Arabia Saudita e sultanati vari: monarchie assolute con pesanti discriminazioni religiose e razziali, i sauditi sono anche i maggiori finanziatori del terrorismo islamico (Osama Bin Laden è un saudita).


Il quadro è abbastanza desolante e non credo sia molto rilassante essere circondati da stati che hanno come obbiettivo la tua distruzione!

In tutto questo contesto si inserisce la questione dei palestinesi.

Intanto nel 1947, l’ONU, tramite la risoluzione 181, aveva stabilito la divisione della Palestina in due stati indipendenti, uno per gli ebrei e uno per i palestinesi.

Accettando questa proposta i palestinesi avrebbero già avuto un loro stato da ben 60 anni, con una superficie che sarebbe stata del 60% più ampia rispetto ai confini di cui si discute attualmente.

Invece i capi palestinesi preferirono chiamare a raccolta le truppe pan-arabe (egiziani, siriani, libanesi, giordani e iracheni) che però subirono una sonora, quanto inaspettata, sconfitta da parte del neonato esercito israeliano.

Nel 1948 infatti gli israeliani stavano subendo un embargo sulla vendita delle armi da parte delle grande potenze e dovettero comprarle dall’unico paese che accettò di rifornirli: la Cecoslovacchia comunista.

Nel ‘66 Nasser e i siriani riprovarono a ributtare gli ebrei a mare, ma questi li misero fuori combattimento in soli 6 giorni.

Nel’73 gli arabi tentarono ancora, ma con i soliti risultati.

Intanto, dopo l’attentato di Monaco del ‘72, dove fu fatta una strage di atleti israeliani, cominciò la stagione del terrorismo.

Arafat e l’OLP con tutte le altre micro-sigle delle organizzazioni minori palestinesi, si rifugiarono nel Libano, dove la valle della Bekaa divenne un centro di addestramento di terroristi sotto la guida dell’intelligence sovietica.

Nel 1982 Israele fu dunque costretta ad invadere il Libano , da dove si ritirò completamente solo nel 2000, a seguito degli accordi di pace di Camp David (1992).

Camp David fu la grande occasione per un vero accordo di pace, che però Arafat non ebbe il coraggio di sottoscrivere.

Nel 1995 fu ucciso il capo di stato di Israele, Ytzhak Rabin, per mano di un estremista di destra ebreo, e sia fra i palestinesi, sia fra gli isreliani a prendere il potere furono i falchi, contrari ad ogni accordo di pace (il Likud di Sharon e Hamas).

Per questi motivi io non penso che le colpe della situazione mediorientale siano tutte di Israele e quindi non capisco perché si vogliano boicottare le iniziative di questo paese.

Si può non condividere la politica di un governo, ma certamente si deve comprendere la situazione in cui vivono gli israeliani, assediati da paesi storicamente ostili che non hanno mai riconosciuto il suo diritto ad esistere e che, ancora oggi, affermano di voler ributtare gli ebrei a mare.

Molti pensatori di sinistra pretendono che Israele riconosca, giustamente, l'esistenza dello stato palestinese, senza però pretendere che gli stati arabi e le fazioni palestinesi riconoscano il DIRITTO ALL'ESISTENZA di Israele.

Un modo di pensare abbastanza paradossale ed estremamente pregiudiziale e razzista.

Io penso che la situazione di guerra permanente in Palestina e nei paesi limitrofi non avrà soluzione a breve termine per due motivi:

  1. I paesi arabi hanno bisogno di un capro espiatorio per nascondere i loro fallimenti interni (sono gli unici paesi al mondo in cui il PIL decresce nonostante una immensa ricchezza mineraria).
  2. In Israele ci sono delle frange estremiste che auspicano il persistere di uno stato di guerra permanente perché si sentono più forti del “nemico” e non vogliono fare accordi di pace che cedano terreno allo stato palestinese.


I palestinesi sono dunque in mezzo tra un nemico, con cui non vogliono trovare un accordo di pace soddisfacente, e dei “falsi amici” che combattono le loro guerre per interposta persona, proprio per evitare uno scontro diretto con uno stato più forte militarmente e che fa sempre comodo demonizzare.

Come si può facilmente vedere, la situazione è molto più complessa di quello che Gelo Polare ed i pensatori di gran parte della sinistra italiana, vorrebbero farci credere.

Questa visione manichea del conflitto palestinese è troppo superficiale per essere realistica ed è dovuta in gran parte all'ignoranza della storia ed ai pregiudizi verso gli ebrei.

A me piace citare il titolo del libro di Benny Morris, un must per chiunque voglia comprendere a fondo il conflitto arabo-sionista: VITTIME.

Non “Buoni e Cattivi” o “Vittime e Carnefici”, solamente VITTIME.

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