03 maggio 2008

Il Labour Party Affonda alle Amministrative Inglesi.


Non erano elezioni politiche, ma la tornata amministrativa inglese ha rispecchiato fedelmente ciò che è successo in Italia, in un parallelo che non può certo essere definito una coincidenza.

Innanzitutto è stato punito il governo in carica: Gordon Brown, come Romano Prodi, ha visto collassare il consenso popolare verso la sua parte politica, fino al naufragio di questa tornata elettorale.

Il Labour Party ha perso infatti ben 331 seggi e, come è accaduto anche in Italia, la guida della capitale, Londra, storicamente amministrata dalla sinistra.

Il sindaco Livingstone, detto Red Ken per il suo punto di vista molto orientato a sinistra, ha perso la guida della capitale dopo 8 anni alla City Hall, ma ha evitato di addossare la responsabilità della sconfitta al premier Gordon Brown.

Livingstone ha infatto dichiarato che le ragioni della sconfitta sono essenzialmente sue, ma una attenta analisi del risultato complessivo delle amministrative può solo confutare le sue parole, dato che la sconfitta del Labuor è stata generale ed ha interessato anche regioni storicamente "rosse" come il Galles.

Il Labour Party è passato dall'essere il primo partito inglese, direttamente al terzo posto dopo i Conservatori di Cameron (44% dei consensi) ed il Partito Liberale (passato dal 12% al 25% dei voti), ottenendo un misero 24% delle preferenze, peggior risultato degli ultimi 40 anni.

Le cause di questa sconfitta sono dunque tutte riconducibili alla leadership di Gordon Brown, l'ex cancelliere dello scacchiere di Tony Blair, che nel suo anno di governo ha mostrato un carattere molto balbettante davanti a crisi gravi come quella bancaria, con il fallimento di grandi banche come la Northern Rock ed il dissesto finanziario di molte altre.

Brown sembra affetto dalla sindrome di John Major, ovvero dall'essere un leader poco carismatico che succede ad uno di grandissimo carisma (la Tatcher nel caso di Major, Blair nel caso di Brown).

La suddetta sindrome portò alla rovina il partito Conservatore negli anni '90 ed oggi sembra che la crisi si rifletta nel partito Laburista.

Il parallelo con l'Italia sembra continuare anche nelle cause della sconfitta della sinistra: l'aumento delle tasse e le preoccupazioni sullo stato dell'economia hanno portato l'elettorato mediano a spostarsi verso la destra che però, bisogna ricordarlo, è ben diversa da quella italiana.

I Tories inglesi sono infatti un partito autenticamente liberista in campo economico e la guida di Margareth Tatcher ha risolto tutti quei problemi che ancora oggi affliggono l'economia italiana e dei paesi europei più "statalisti" come la Francia e la Germania.

In Inghilterra ci sono state infatti molte critiche negative sull'elezione di Gianni Alemanno, un ex-fascista, a sindaco di Roma e l'unico che ha preso le sue difese è stato un esponente del BNP, British National Party, Richard Barnobrook che ha dichiarato: "forse la gente, non solo nel Regno Unito, ma in tutta Europa, sta dicendo che la sua identità nazionale è stata maltrattata".

Appare chiaro che nei momenti di crisi, in Inghilterra come in Italia, alcuni cercano un capro espiatorio per i problemi del paese, invece che affrontarli.

E quale miglior capro espiatorio degli immigrati (o degli ebrei, o di qualsiasi altra minoranza)?

La grande differenza tra gli inglesi e noi italiani è che mentre loro hanno avuto grandi leaders come la Tatcher e Blair, noi ci siamo dovuti sorbire i vari Andreotti, Craxi, Prodi e Berlusconi.


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