22 novembre 2008

Lo Statalismo Non è la Risposta!

L'attuale crisi finanziaria mondiale, ha messo a nudo i problemi del capitalismo moderno ed i limiti del "Mercato" soprattutto nel trovare endogenamente le risposte alle proprie degenerazioni.
In questo contesto, ad una situazione seria e grave, si tende a dare una risposta assolutamente sbagliata ed inefficace che, nel lungo periodo, darà più problemi di quelli che intende risolvere, in particolar modo in Italia.
Da un po' di tempo, in tutto il mondo occidentale si sta parlando di "Statalismo", ovvero del ritorno in prima persona dello Stato nella economia, sia come regolatore, sia come attore economico.
Il piano Poulson è stato emblematico da questo punto di vista: lo Stato americano, per salvare il sistema finanziario, ha acquisito con i soldi dei contribuenti la proprietà delle maggiori banche ed assicurazioni degli Stati Uniti, le quali, negli scorsi anni, avevano contribuito in maniera rilevante alla crescita del PIL americano con i loro grandi profitti.
Si è dunque instaurata la convinzione che il Mercato va bene quando si tratta di creare ricchezza, mentre lo Stato deve intervenire per coprire le perdite e le lacune del sistema (esattamente quello che è avvenuto in Italia nella vicenda Alitalia)!
In America sono stati i repubblicani più conservatori a criticare il piano Poulson perché vi si intravedevano gli estremi di una deriva bolscevica. Un rappresentante della Georgia, Paul Broun, ha definito senza mezzi termini il piano Poulson "una grossa merda di vacca con un dolcetto in mezzo" ed alla prima votazione il piano è stato respinto con ben 133 voti contrari tra le fila repubblicane, che dovrebbero sostenere l'amministrazione Bush.
Obama ha già dichiarato che, appena diventato presidente, concederà degli incentivi alla grande industria americana dell'automobile, la quale però, bisogna ricordarlo, non è in crisi solo congiunturale, ma naviga in cattive acque da decine di anni, a causa di errori macroscopici nel management, i quali hanno portato ad un costo orario del lavoro che in GM è quasi il doppio rispetto alla Toyota, azienda giapponese che produce auto direttamente sul suolo americano (70$ a 40$).
Viene da chiedersi se degli aiuti statali possano veramente aiutare in questo contesto o se si configurino solo come un tampone in una falla che giocoforza tende ad ingrandirsi.
In Inghilterra Gordon Brown ha agito nello stesso identico modo, nazionalizzando alcune grandi banche in difficoltà e preparandosi ad aiutare altri settori produttivi.
In Italia sia la sinistra, che è sempre stata statalista, sia la destra sembrano voler imboccare con decisione la via del ritorno all'ingerenza statale nel mercato.
Per la sinistra italiana, come già ricordato, questa non è affatto una novità, poiché ha sempre considerato il pubblico impiego come un centro di assunzione indiscriminata di tutti coloro che non riuscivano a trovare lavoro altrove, creando così il mito del "posto statale", fisso, senza controlli, senza possibilità di licenziamento, in cui si può fare tutto ed il contrario di tutto perché, una volta ottenuto, non si deve rendere conto a nessuno, basta votare nel "modo giusto" alle elezioni.
Purtroppo la sinistra italiana, od almeno quella riformista, non è mai riuscita a fare un deciso passo avanti in questo senso e si ostina a combattere battaglie di pura retroguardia. Se guardiamo invece alle sinistre di successo, possiamo chiaramente notare che dalla Gran Bretagna all'Australia, c'è stata una svolta nelle politiche a favore del mercato e degli scambi che hanno promosso una forte crescita delle suddette nazioni.
Per quel che riguarda la destra italiana, si può affermare senza tema di smentita che Berlusconi non è né liberale, né liberista, ma si è dimostrato un mero populista, una banderuola che gira a seconda del vento sempre in cerca del consenso.
Fino a poco tempo addietro, il Cavaliere e la sua banda si dichiaravano a favore del libero mercato ed accaniti sostenitori della deregulation, oggi sono diventati tutti statalisti ed assertori dell'intervento dello Stato nell'economia e nella regolamentazione del mercato. Una vera rivoluzione copernicana!
Ma torniamo al tema principale: perché noi italiani non possiamo permetterci di tornare statalisti?
  • In primis perché solo gli stati che si sono sviluppati in maniera virtuosa in tempi di vacche grasse, oggi possono permettersi di spendere soldi pubblici per reagire alla crisi. Noi italiani purtroppo abbiamo attuato una politica viziosa che ha finanziato lo sviluppo con il debito pubblico tanto che, ad oggi, ci ritroviamo con uno dei debiti pubblici più alti al mondo. Chi dobbiamo ringraziare per questa situazione? Quasi tutti i governi repubblicani, ma in particolare gli anni d'oro della "Milano da Bere" della buonanima di Bettino Craxi, i cui collaboratori, Brunetta su tutti, oggi danno lezioni di liberismo e provano a convincerci di essere i castigatori di un sistema che proprio loro hanno contribuito a creare!
  • Il Debito Pubblico è dunque la nostra vera palla al piede, sia perché ci costa uno sproposito in interessi, sia perché ci ricorda il fallimento italiano delle politiche neo-keynesiane, che sono spesso degenerate in carrozzoni costosissimi ed inefficaci come la famigerata Cassa per il Mezzogiorno. Queste politiche, soprattutto al Sud, hanno creato un sistema clientelare e parassitario, che ha tagliato le gambe all'imprenditoria. Una imprenditoria sempre costretta a fare i conti con le mafie e con il sistema delle tangenti ai politici. Il risultato è evidente e sconcertante: hanno fatto più passi in avanti i tedeschi dell'Est in meno di 20 anni di riunificazione che i meridionali in 150 anni!
  • In più ci sono delle mere ragioni finanziare che non permettono, in un momento di crisi, di usare soldi pubblici. La crisi economica ha fatto calare in maniera rilevante le entrate statali: 1) il gettito IVA sta calando a causa della crisi dei consumi. 2) la diminuzione del prezzo della benzina fa diminuire le entrate che sono proporzionali al prezzo stesso. 3) con la crisi economica si prospettano numerosi licenziamenti che avranno come conseguenza la diminuzione del gettito IRPEF e l'aumento dei costi per gli ammortizzatori sociali come gli assegni di disoccupazione e la cassa integrazione. Ci si chiede come si farà a trovare soldi statali in una situazione in cui diminuiscono le entrate dell'erario ed, al contempo, aumentano le spese? L'unica soluzione è quella di aumentare ancora la pressione fiscale, aggravando ulteriormente la crisi economica.

Per questi motivi, sembra veramente impensabile ritornare a chiedere ulteriore spesa pubblica per dare fiato all'economia. Questo dovrebbero capirlo in primo luogo gli esponenti della sinistra che vedrebbero tartassati ancora una volta i loro ceti di riferimento, mentre dovrebbe, e uso volutamente il condizionale, essere scontato per una destra moderna.

Il problema è che in Italia la sinistra è guidata da un branco di incapaci, mentre la destra è una accozzaglia di populisti che invece di ricercare il rinnovamento si volgono indietro al ventennio fascista per trovare le risposte alla crisi attuale!

Finita l'analisi è giunto il tempo di dare qualche risposta ed io voglio andare in contro-tendenza: già, mentre tutti parlano di ritorno dello Stato, io propongo una vera e propria ricetta liberista!

In Italia la pubblica amministrazione è molto sovradimensionata, inefficiente e costa troppo ai contribuenti. Partiamo da qui!

Meno assunzioni e meno turn-over, riforma dei contratti del pubblico impiego per renderli più simili a quelli del settore privato e per incentivare l'efficienza, assunzioni basate sul merito e non sul tempo di attesa in code interminabili, razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni e deburocratizzazione del sistema, eliminazione degli ordini di categoria, abolizione degli enti inutili, snellimento del sistema politico centrale e periferico, responsabilizzazione dei centri di spesa.

Queste riforme liberebbero una gran quantità di risorse che potrebbero essere usate per diminuire la pressione fiscale, per finanziare le infrastrutture necessarie allo sviluppo del nostro paese e per ridare fiato ad una economia che da troppo tempo è orientata verso il declino!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Gaspa, fino ad un certo punto hai ragione. Ti invito però a riflettere sulle disastrose conseguenze del NON statalismo nella:
1)sanità
2)scuola
Nel primo caso arriveremmo alla situazione americana dove, se non hai i soldi, muori davanti alla porta dell'ospedale.
Nel secondo, come si sta prospettando con le varie fondazioni private, ad una mercificazione della cultura, finalizzata al mondo del lavoro tout court.
claudiabalena

Gaspatcho ha detto...

Preciso: io non ho detto che non voglio la scuola pubblica e la sanità pubblica.

Vorrei solo che la scuola, la sanità e tutta la pubblica amministrazione funzionassero più efficientemente, con meno sprechi e con assunzioni basate sul merito e non sull'anzianità di precariato.

Vorrei che non servissero tre persone per fare il lavoro di uno e che terminasse il mito del "posto statale" come obbiettivo ultimo dell'italiano medio.

Vorrei che la funzione pubblica diventi più snella, con meno impiegati più competenti e meglio pagati e che tutta la spesa pubblica non vada a finire in stipendi.

Sono utopie? Per me no, anche perché presto non ci saranno più soldi per mantenere questo status quo.

maddeche ha detto...

gaspa, la tua non è una ricetta liberista, è la ricetta di un paese normale, quello dove si cerca l'efficienza a parità di servizio

attenzione solo a non confondere l'efficienza con la mera riduzione delle spese, quella è una cosa che possono fare solo le aziende quando tagliano i settori non strategici

per lo Stato tutti i settori sono strategici, scuola, sanità, cultura, infrastrutture...

ps. il captcha di oggi è fighissimo: amaro