16 febbraio 2014

Il Ritorno alla Lira e la Svalutazione Competitiva.

Ultimamente hanno ripreso quota i fautori del ritorno alla vecchia Lira, come panacea di ogni male, e della svalutazione competitiva per combattere i malefici teutoni di Frau Merkel. Costoro però si sono persi un passaggio importante, ovvero quello del WTO. Prima dell'introduzione del WTO, i nostri competitori erano prevalentemente i paesi europei occidentali e quindi la svalutazione competitiva aveva un senso, in un mondo pieno di barriere doganali. Oggi la svalutazione della Lira ci comporterebbe grandi svantaggi nell'importazione delle materie prime, di cui noi abbiamo disperato bisogno e non ci darebbe alcun vantaggio competitivo, o comunque un vantaggio limitato, perché i competitori nelle manifatture non sono paesi simili a noi per ricchezza, ma paesi in cui i costi sono un decimo dei nostri. Se volessimo fare la concorrenza alla Cina, dovremmo svalutare la Lira del 90%. Il problema è che noi italiani non siamo competitivi né nei settori altamente tecnologici, né in quelli tradizionali, dove abbiamo tirato a campare per decenni solo grazie alla svalutazione. La FIAT da questo punto di vista è un esempio lampante: ha prodotto sempre auto mediocri, rispetto alle concorrenti tedesche o giapponesi, perché riusciva comunque a vendere grazie ai bassi prezzi. Oggi che ci sono automobili più economiche, la FIAT si trova a non essere più competitiva né sul mercato di fascia bassa, né su quello di fascia alta, dove i competitori sono decenni avanti per gli standard di qualità. IMHO è stata proprio la politica della svalutazione ad impigrire gli imprenditori, che inseguivano la via più facile, invece di investire in ricerca ed innovazione. Se oggi siamo con le pezze al culo è anche per questo motivo e ripetere gli errori del passato non mi sembra una gran soluzione. Anche "riformare l'economia italiana" mi sembra una ricetta alquanto astratta: la produttività non si ottiene solamente togliendo i diritti acquisiti e diminuendo i salari, ma anche cambiando la mentalità di una classe imprenditoriale abituata a vivere tra i monopòli e gli aiuti di Stato (come le svalutazioni). Insomma non è un processo che si fa varando un "job act", ma da qualche parte bisognerà pure iniziare, magari guardando a quei paesi (tipo la Germania) in cui le riforme hanno funzionato ed hanno portato benessere ed occupazione, invece di considerarli i capri espiatori delle nostre sventure. Lira o Euro sono indifferenti se continuiamo a sperperare il danaro pubblico, se continuiamo ad avere alti livelli di corruzione, di evasione fiscale, di criminalità organizzata, di nepotismo; se gli pseudo capitalisti controllano banche, politica, informazione, in un circolo perverso senza soluzione. In definitiva in Italia abbiamo un problema di sistema che non dipende né dalla moneta, né dalla Merkel, né dalla BCE, né dalle scie chimiche, ma solo da noi italiani. Se riusciremo a modificare questo sistema, potremo farcela, altrimenti faremo comunque la fine dell'Argentina.

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