29 agosto 2008

Alitalia Bad Company

Non so come definire questo governo Berlusconi, ma so come non definirlo: liberista.

Il piano presentato per il salvataggio della nostra compagnia di bandiera è essenzialmente una presa per i fondelli:
  • Viene creata una società, denominata "Bad Company" in cui confluiscono tutti i debiti di Alitalia ed Air One (chissà perché lo stato si deve accollare anche i debiti di Toto, bisognerebbe spiegarlo) ed in cui verranno inseriti tutti gli esuberi, pronti ad essere assunti in altri enti pubblici, dalle Poste ai ministeri.
  • I nuovi soci, una ventina tra i maggiori industriali italiani, tireranno fuori 1 miliardo di Euro (molto meno di quanto offerto da AirFrance) per ricapitalizzare la nuova società, la quale appare bella linda, visto che i debiti li pagheranno per intero gli italiani. I soci si sono imposti di rimanere almeno 5 anni nel capitale Alitalia.
  • Si ricerca una alleanza internazionale con Lufthansa o AirFrance, le quali, presumibilmente, saranno molto attratte dal potersi arraffare una azienda senza più debiti e già ricapitalizzata!
  • Non si parla più di Hub; Malpensa andrà per i fatti suoi senza l'Alitalia e Roma dovrà sorbirsi il ridimensionamento della compagnia, che vedrà un drastico taglio ai voli di lunga percorrenza. I leghisti ed Alemanno sembrano già sul piede di guerra!

In definitiva, il nuovo ideologo della destra italiana, Giulio Tremonti, ha messo in atto il suo piano di ritorno allo statalismo come risposta alla globalizzazione ed al mercatismo.

Una risposta magari lecita, ma che non può essere annoverata tra le ricette del liberismo classico e che pone una pesante etichetta a questo governo: se si sommano il corporativismo, lo statalismo, l'esercito nelle strade, la voglia matta di italianità, la forza politica e mediatica del leader, il risultato ricorda molto da vicino il governo di un altro pelato, che rimase al potere per un ventennio in modo tutt'altro che liberale.

Tornando ad Alitalia, mi preme riaffermare che le passività saranno pagate per intero dagli italiani, mentre le attività se le spartiranno i soliti noti, alla cui testa ci sarà un certo Colaninno che all'epoca guadagnò svariati miliardi con la compravendita di Telecom, privatizzata in modo indecente dall'allora governo Prodi.

Quanto ci costerà mantenere l'italianità dell'Alitalia? Se avessimo concluso l'affare con AirFrance nella scorsa primavera, i francesi si sarebbero accollati i debiti e le eccedenze sarebbero state solo 1500.

Dopo 4 mesi, abbiamo già pagato 300 milioni di Euro solo per evitare il fallimento, la Bad Company graverà sulle tasche dei contribuenti e lo Stato dovrà assumere ben 7000 nuovi dipendenti, i quali, con il precendente accordo, sarebbero passati alla compagnia francese.

Un vero trionfo dello statalismo che rischia pure di infrangersi sugli scogli della Commissione Europea, che non penso veda di buon occhio questo ennesimo papocchio all'italiana!


3 commenti:

Gianluigi ha detto...

Ho appena ascoltato una dichiarazione di Corrado Passera (A D Banca Intesa):"Senza l'autorizzazione dei sindacati si blocca tutto".
Si, alla lettera "senza l'autorizzazione"!
Tanto per arricchire il quadro chiedo cosa ne pensa il nostro Gaspa?

Gaspatcho ha detto...

Beh, se non accettano, che si portino i libri in tribunale e si cominci la procedura di fallimento.

Non penso che sarebbe una bella notizia per i lavoratori Alitalia, ma certamente sarebbe molto meno dispendioso per tutti i contribuenti.

Danx ha detto...

Bel post.
Purtroppo lo Stato serve ai e serve i RICCHI.
E' così dapperttutto.